la libertà non ha appartenenza, è conoscenza, è rispetto per gli altri e per sé

"Chi riceve di più, riceve per conto di altri; non è né più grande, né migliore di un altro: ha solo maggiori responsabilità. Deve servire di più. Vivere per servire"
(Hélder Câmara - Arcivescovo della Chiesa cattolica)

domenica 5 aprile 2009

L’ingiustizia ha sconvolto il benessere del mondo




Dom. 05.04.2009 - Da "La Repubblica" di oggi, di Eugenio Scalfari, riprendendo una proposta del Blog "UGUALE PER TUTTI".

" Il tema che desidero oggi proporre ai nostri lettori è quello della disuguaglianza, già autorevolmente segnalato da Carlo Azeglio Ciampi nei suoi recenti interventi.

Esso si aggancia in modo evidente alla discussione aperta da Ezio Mauro sulla rottura del patto sociale tra capitale e lavoro ed è di stringente attualità. xxx

Ha costituito il motivo di fondo e ha dato il tono al G20 di Londra ed ha riecheggiato nella manifestazione di massa di ieri al Circo Massimo di Roma organizzata dalla Cgil.

E’ un tema che supera tutti gli steccati politici ed etici. Lo si ritrova perfino nelle parole del cardinal Martini («Conversazioni notturne a Gerusalemme») quando si chiedeva quale sia il vero e intollerabile peccato del mondo: la diseguaglianza, dice il cardinale, mettendo in seconda fila tutti gli altri peccati che la religione imputa agli uomini.

La diseguaglianza ostacola o blocca del tutto il funzionamento della democrazia, divide il mondo degli esclusi da quello dei privilegiati, impedisce il consenso e la condivisione della crescita sostenibile.

I potenti del mondo, in tutti i loro incontri sempre più frequenti di fronte ad una crisi che ha già smantellato tutte le certezze, hanno sempre sacrificato qualche grano di incenso a quel tema, ma non sono mai andati più in là.

Salvo, forse, nel vertice di Londra, per esclusivo merito di Barack Obama nella sua prima apparizione in un consesso planetario.

Il vertice di Londra è stato importante al di là delle decisioni volte ad arginare la crisi, proprio perché perla prima volta il principio della giustizia sociale vi ha fatto la sua comparsa concreta.

Non tanto come principio etico predicato ma mai praticato, quanto come imprenscindibile elemento d’un nuovo tipo di crescita, sostenibile se condiviso, accettabile se democratico, cioè approvato anche dagli esclusi, dai deboli, dai poveri, dai disperati.

Soltanto se questa condizione sarà realizzata la crescita potrà riprendere su nuove basi; soltanto se un patto sociale mondiale sarà stipulato la crisi avrà uno sbocco verso il futuro.

Altrimenti il mondo vecchio riaffaccerà il suo muso sulle rovine senza che nulla sia cambiato in un pianeta impoverito e imbarbarito, teatro di altre possibili crisi, di altri crolli, di altre macerie.

Si è molto discusso sul principio dell’eguaglianza e sui modi di tradurlo in pratica; sulle sorgenti di pensiero che l’hanno alimentato, sul deposito di valori che l’hanno mantenuto in vita nonostante le ferite e i solchi profondi che gli sono stati inferti dalla realtà.

E la prima vivida sorgente è storicamente apparsa nel messaggio evangelico che promise all’umanità la fine di ogni discriminazione tra i liberi e gli schiavi, tra i poveri e i ricchi, tra i deboli e i potenti.

«E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli».

Era il principio dell’amore che faceva la sua prima stupefacente irruzione nel mondo antico sconvolgendo equilibri arcaici, istituzioni, volontà di potenza radicate e fino ad allora invincibili.

Ma quel principio così fortemente innovativo ed anzi rivoluzionario conteneva un tarlo vorace dentro di sé: la religione rinviava la promessa all’avvento di un altro mondo ultraterreno, alla comparsa d’un futuro messianico alla fine dei secoli, quando la bestia trionfante sarebbe stata uccisa e con essa il fluire ingiusto della storia.

Occorre arrivare alla modernità, diciotto secoli dopo il lascito evangelico, per veder realizzata la prima, minima ma necessaria realizzazione di quel principio: la conquista dell’eguaglianza di tutti gli uomini di fronte alla legge.

Indipendentemente dalle differenze di sesso, di etnia, di censo, di istruzione.

Era ancora molto poco, non risolveva altre terribili diseguaglianze, non impediva che le leggi fossero ingiuste, ma rappresentava comunque un passo preliminare e necessario perché abbinato agli altri essenziali principi della libertà e della fraternità.

Fu il trittico della modernità, la cui realizzazione vide paradossalmente le Chiese alleate con i privilegi anziché con i movimenti riformatori.

Su quel trittico si fondarono i valori dell’Occidente. Il fatto che essi siano stati largamente traditi testimonia la durezza della storia e delle sue dinamiche e rende tanto più necessario procedere oltre perché è di tutta evidenza che la conquista della legalità è monca se altre condizioni di eguaglianza non si realizzano.

Fermo restando il nesso tra giustizia e libertà, è ormai maturo il tempo per procedere verso l’eguaglianza delle condizioni di partenza tra i ceti, le etnie, i generi, gli individui.

Condizione che necessariamente comporta una profonda redistribuzione dei redditi e della ricchezza tra paesi opulenti, paesi emergenti, paesi poveri e all’interno d’ogni nazione tra sacche di arretratezza e sacche di privilegio.

Siamo tutti ben consapevoli che i principi viaggiano insieme agli interessi e si ridurrebbero a pure velleità utopiche se questo nesso intrinseco non fosse solido e durevole.

La novità della situazione attuale consiste nel fatto che quel nesso tra principi e interessi risulta quanto mai necessario.

Non ci sarà crescita senza redistribuzione del reddito e della ricchezza.

Il nocciolo dell’attuale recessione mondiale, il rischio incombente che possa trasformarsi da recessione in depressione, lo spettro dei 25 milioni di disoccupati che incombe come un cataclisma sull’economia dei paesi del primo mondo, risiede nel crollo della domanda globale.

Se non c’è domanda crolla il commercio internazionale, crollano gli investimenti, si blocca il credito, cade il reddito delle nazioni, delle famiglie, delle persone.

Il rilancio della domanda passa inevitabilmente per il suo finanziamento, finanziamento di massa per rilanciare la domanda di massa.

La necessità della redistribuzione è dunque la condizione primaria per il rilancio della crescita, per alimentare la quale il valore d’uso dei beni e dei servizi deve affiancarsi al valore di scambio e magari sopravanzarlo.

Il valore d’uso non esclude il profitto ma ne contiene gli eccessi poiché introduce una specifica domanda di beni e di servizi pubblici: l’etere, l’acqua, l’energia ed anche, diciamolo, la giustizia.

Questa è la crescita condivisa, sostenibile e durevole, che procede e si rafforza insieme alla democrazia e senza di essa non sussiste. "

........................................................................................ Due sole notazioni, una riguardo al punto in cui Scalfari afferma: "Non tanto come principio etico predicato ma mai praticato, quanto come imprenscindibile elemento d’un nuovo tipo di crescita, sostenibile se condiviso, accettabile se democratico, cioè approvato anche dagli esclusi, dai deboli, dai poveri, dai disperati.". Ebbene, non credo che in una società fondata sui valori richiamati nell'articolo, si possa accettare di contemplarvi l'esistenza di esclusi, deboli, poveri, disperati; mi pare una chiara contraddizione.

La seconda riguarda la seguente affermazione, riferita al messaggio del Cristo: "Ma quel principio così fortemente innovativo ed anzi rivoluzionario conteneva un tarlo vorace dentro di sé: la religione rinviava la promessa all’avvento di un altro mondo ultraterreno, alla comparsa d’un futuro messianico alla fine dei secoli, quando la bestia trionfante sarebbe stata uccisa e con essa il fluire ingiusto della storia.". Il rinvio ad un altro mondo per il perseguimento della pienezza dell'Uomo, ritengo sia frutto avvelenato di una lettura interessata della Parola, e non credo appartenga al Messaggio del Nazzareno, del quale ricordiamo, tra tante altre, espressioni come:

Matteo 10 "16 Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. 17 Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; 18 e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. 19 E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: 20 non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
21 Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. 22 E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato. 23 Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra; in verità vi dico: non avrete finito di percorrere le città di Israele, prima che venga il Figlio dell'uomo. 24 Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone; 25 è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro e per il servo come il suo padrone. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più i suoi familiari! 26 Non li temete dunque, poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. 27 Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti. 28 E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. 29 Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. 30 Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; 31 non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! 32 Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33 chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli. 34 Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. 35 Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: 36 e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa. 37 Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; 38 chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. 39 Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. 40 Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41 Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42 E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa»." xxx

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