la libertà non ha appartenenza, è conoscenza, è rispetto per gli altri e per sé

"Chi riceve di più, riceve per conto di altri; non è né più grande, né migliore di un altro: ha solo maggiori responsabilità. Deve servire di più. Vivere per servire"
(Hélder Câmara - Arcivescovo della Chiesa cattolica)

domenica 11 novembre 2007

La Mafia che controlla il territorio

Grande criminalità: brevi considerazioni, e una proposta.

Vasti territori della Repubblica sottratti alla sovranità dello Stato, le persone che vi abitano in soggezione della criminalità organizzata, nella quotidianità del loro vivere. Siamo ormai abituati a considerare ciò una situazione normale, o quasi, ma non lo è, non può esserlo.

In queste regioni la lotta tra i malavitosi e le istituzioni non è quella fisiologica delle società industrializzate, ma quella primordiale per il controllo del territorio, e lo Stato lo ha perso, ha abbandonato milioni di suoi cittadini in balia di feroci criminali, così come sono abbandonati i rappresentanti delle Istituzioni, anch’essi cittadini lì residenti.

Se la situazione non è ordinaria, non lo possono neanche essere gli strumenti da approntare per combatterla.

Qualsiasi persona che sia espressione

dell’apparato pubblico, della legalità statuale, sia esso alto magistrato, generale, guardia carceraria o impiegato della Questura, con quale spirito di indipendenza e di imparzialità potrà mai operare? I malavitosi sanno dove lui vive con i suoi cari, dove va a scuola la figlia, dove viene parcheggiata l’auto, dove c’è la casa da bruciare. E non sono criminali qualsiasi; se uno di questi dicesse loro un giorno, ad es., “ho visto i suoi figli, dottore, creature piene di salute …”, frasi innocenti, per ricordare (ma non ce n’è bisogno) come ogni suo affetto, bene, sia nella loro piena disponibilità di annientamento.

E vengo al punto: la migliore legislazione contro questa malavita non potrà risultare vincente, a mio avviso, finché gli uomini delle istituzioni, per primi quelli posti nei ruoli più marginali, ma con accesso a luoghi “sensibili” (si pensi agli impiegati di un tribunale, di un carcere, ai poliziotti, ai carabinieri) saranno esposti alla coabitazione ambientale di cui ho sopra detto; non potranno tutelare la legalità a vantaggio di tutti, non potendo tutelare neanche se stessi.

Che fare, allora? Si potrebbe ipotizzare che tutta una serie di apparati dello Stato (quelli preposti ai vari controlli, forze dell’ordine, ispettori del lavoro etc.) siano formati da personale non residente, senza cognome, solo un nome e una matricola identificativa: arrivano sul posto, vivono in alloggiamenti protetti, alternano un intenso periodo di operatività ad un equo e ristoratore periodo di riposo, nella loro casa lontana, e comunque non conosciuta. Funzionari dello Stato anonimi, come sono anonimi coloro che, mascherati, operano nei reparti speciali delle varie polizie, persone motivate che devono avere e sentire dietro di loro uno Stato presente, che ha come priorità assoluta quella di riprendere il controllo del territorio, primo fattore sintomatico di una identità statale.

Il tutto senza badare a spese, ovviamente. Ma del resto, quanto costa al nostro Paese la mafia, la camorra, la sacra corona unita, in termini economici, sociali e politici? E quanto vale la qualità di vita dei nostri sfortunati concittadini, costretti a vivere sotto questi vergognosi gioghi? E che pericolo di infezione rappresenta questo bubbone in seno alla Nazione?

A proposito, non vi sembra che sulla criminalità organizzata ci sia oggi un grande silenzio, dovessimo ancora una volta scoprire che la mafia non esiste?

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