Riporto uno scritto di Benny Calasanzio Borsellino, pubblicato sul blog di Salvatore Borsellino.
Scritto da Benny Calasanzio | |
mercoledì 30 aprile 2008 22:13 | |
"Il vostro presidente del senato Ieri per sbaglio accendo la tv e per poco mi imbottisco di esplosivo e mi faccio esplodere in Senato. Vedo Andreotti seduto sulla poltrona del Presidente. "Che cazzo ci fa un mafioso alla Presidenza del Senato?" pensai in francese. Per fortuna stava "solo" presenziando la prima seduta per anzianità. Come ricordano gli amici della Casa della Legalità, nessuno alza la mano e dice, per esempio, "non mi faccio presiedere da un mafioso" oppure qualcuno che esce dall'aula indignato. No, ormai Andreotti è perdonato. Anzi, non è mai stato colpevole, è stato assolto come ricorda orgogliosa Anna Finocchiaro. Per fortuna, dopo le votazioni non c'è più un mafioso su quella poltrona. Solo un amico dei mafiosi. Renato Schifani. Her'ryporter. Anche se sembra un bibliotecario che non vede la luce dal 1962 e nascondo in archivio i film porno scaricati da emule, Renato è stato socio di affari di usurai e mafiosi. Ad esempio era nella società la Gms, che non era una linea telefonica ma un'attività di recupero crediti. Suo socio era Antonino Garofalo, arrestato nel 1997 e rinviato a giudizio per usura ed estorsione. Prestava soldi nella zona di Caccamo chiedendo interessi del 240%. "Interessi un pò alti, colpa dell'euro, anche se non c'era" dirà Schifani. Per le altre amicizie del maghetto col riporto, vi incollo un estratto del libro I Complici, di Gomez e Abbate. P.s. Quello che leggerete non lo diranno mai in tv. Nè sui giornali italiani. Per fortuna lo fanno in Spagna. Su El Paìs. Che storia... per leggere le notizie italiane dobbiamo comprare un giornale spagnolo. Troppo gentile e troppo educato Beppe Grillo per i miei gusti... solo mandarli a fanculo? P.p.s. Caro Pio La Torre, ti ricordi quando ti uccisero perchè volevi fare una legge sulla confisca dei beni? Beh, dopo la tua morte la approvarono. Sai chi voleva cambiarla e renderla inutilizzabile? Sempre lui. Renato Schifani, attuale presidente del Senato. Progetto di legge numero 600, che modificava la tua legge e quella sui sequestri. "Schifani disse a La Loggia: ‘senti Enrico, dovresti telefonare a Nino Mandalà, perché ha detto che a Villabate Gaspare Giudice non ci deve mettere piede... e quindi c'è la possibilità di recuperare Nino Mandalà, telefonagli'. Il mafioso è quasi divertito. Tanta confusione intorno al suo nome in fondo lo fa sentire importante. Alzare la voce con i politici è sempre un sistema che funziona. E, secondo lui, anche Renato Schifani ne sa qualcosa. Dice Mandalà: ‘Simone, hai presente che Schifani, attraverso questo [il candidato di Misilmeri]... aveva chiesto di avere un incontro con me, se potevo riceverlo. E io gli ho detto no, gli ho detto che ho da fare e che non ho tempo da perdere con lui. Quindi, quando ha capito che lui con me non poteva fare niente, si è rivolto al suo capo Enrico La Loggia che, secondo lui, mi dovrebbe telefonare. Ma vedrai che lui non mi telefonerà. Mi può telefonare che io, una volta, l'ho fatto piangere? Nell'auto di Simone Castello la domanda del boss di Villabate è seguita da qualche secondo di silenzio. Poi le microspie dei carabinieri registrano la storia di un'amicizia tradita. Una storia di mafia in cui i capibastone minacciano e i politici, terrorizzati, chiedono piangendo perdono. ‘Non mi aspettavo che dovesse fare niente, che dovesse fare dichiarazioni alla stampa, ma almeno un messaggio, ‘ti do la mia solidarietà', [mr lo poteva mandare]. Stiamo parlando di un rapporto che risale alla notte dei tempi, quando eravamo tutti e due piccoli - lui è più piccolo di me - [nemmeno] mi ricordo quando ci siamo conosciuti. [Ma] suo padre... era mio padre, lui era un cristiano con i cazzi, non [come] questo pezzo di merda... [Poi siamo stati] soci in affari perché abbiamo avuto assieme una società di brokeraggio assicurativo, lui presidente e io amministratore delegato. [Andavamo] in vacanza assieme...' Il portaordini di Provenzano cerca d'interromperlo, sembra voler tentare di calmarlo: ‘Va bene, magari è il presidente [dei senatori di Forza Italia e non si può esporre]...' ‘D'accordo, però, dico, in una situazione come questa... Dio mio mandami un messaggio. [Poteva farlo attraverso] ‘sto cornuto di Schifani che [allora] non era [ancora senatore], [ma faceva] l'esperto [il consulente in materie urbanistiche] qua al Comune di Villabate a 54 milioni [di lire] l'anno. Me lo aveva mandato [proprio] il signor La Loggia. Lui [Schifani] mi poteva dire, mi chiamava e mi diceva: ‘Nino vedi che, capisci che non si può esporre però è con te, ti manda [i saluti]'. No, e invece non solo non mi manda [a dire] niente lui, ma Schifani...' ‘Dice che non ti conosce...' ‘Schifani, quando quelli là in Forza Italia, gli chiedono ‘ma che è successo all'amico tuo, al figlio dell'amico tuo' risponde ‘amico mio?...no, manco lo conosco, lo conosco a mala pena'. [Così] il signor Schifani [quando veniva a Villabate] per motivi di lavoro [la consulenza per il Comune] vedeva a me e, minchia, scantonava, scivolava, si spaventava come se... come se prendeva la rogna, capisci? Poi, un giorno, dopo la scarcerazione di Nicola, [io e La Loggia] ci siamo incontrati a un congresso di Forza Italia. Lui viene e mi dice: ‘Nino, io sai per questo incidente di tuo figlio...'. A scorrere le pagine ingiallite di quei documenti societari c'è da rimanere a bocca aperta: la Sicula Brokers viene creata nel 1979 e tra i soci, accanto a Mandalà, La Loggia e Schifani, compaiono i nomi dell'ingegnere Benny D'Agostino, il titolare delle più grandi imprese di costruzioni marittime italiane, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, e di Giuseppe Lombardo, l'amministratore delle società di Nino e Ignazio Salvo, i re delle esattorie siciliane arrestati nel 1984 da Giovanni Falcone perché capi della famiglia mafiosa di Salemi. La Sicula Brokers è insomma una società simbolo di quella zona grigia nella quale, per anni, borghesia e boss hanno fatto affari. Palermo del resto è sempre stata così: nel dopoguerra i mafiosi erano i campirei dei ricchi, erano gli uomini di fatica ai quali la borghesia e l'aristocrazia delegavano l'amministrazione delle terre e dei beni. Un rapporto quasi simbiotico, spesso caratterizzato da reciproci scambi di favori. Ecco quindi che Benny D'Agostino, il socio di La Loggia, Schifani e Mandalà, viaggia nei primi anni Ottanta in Ferrari con don Michele Greco, il "papa della mafia"; ospita nelle sue proprietà i latitanti; si dedica con i prestanome di Provenzano, come il boss Pino Lipari, al controllo della spartizione degli appalti pubblici. Ecco quindi che il senatore Giuseppe La Loggia, il padre di Enrico, stando al racconto di Mandalà, si presenta da un capomafia come Turiddu Malta per domandare il suo appoggio elettorale. Un fatto quasi normale per l'epoca, tanto che del sostegno dato da Cosa Nostra a La Loggia senior parlerà anche Nick Gentile, un pezzo da novanta nella Cosa Nostra made in USA, consigliere di Al Capone e Lucky Luciano. Così le vittorie elettorali di Forza Italia nelle zone di Villabate e Bagheria, feudi di Provenzano e della famiglia Mandalà, diventano pericolose. |
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