Lun. 31.03.2014 - da "il Fatto Quotidiano" del 28.03.2014.
“ “Dio perdona i peccatori ma i corrotti... no” Questo è il testo dell’omelia del pontefice, Jorge Bergoglio, per la messa privata, tenutasi ieri mattina (27.03.2014) nella Basilica di San Pietro, davanti a 518 politici fra presidenti di Camera e Senato, ministri, sottosegretari, deputati, senatori, europarlamentari ed ex cariche istituzionali.
di Papa Francesco
Le Letture che
la Chiesa oggi ci offre possiamo definirle un dialogo fra i lamenti di Dio e le
giustificazioni degli uomini. Dio, il Signore, si lamenta. Si lamenta di non
essere stato ascoltato lungo la storia. È sempre lo stesso: “Ascoltate la mia
voce… Io sarò il vostro Dio… Sarai felice…”. “Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio
alla mia parola, anzi: procedettero ostinatamente secondo il loro cuore
malvagio. Invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle” (Ger
7,23-24). È la storia dell’infedeltà del popolo di Dio.
E questo lamento
di Dio viene perché è stato un lavoro molto, molto grande quello del
Signore per togliere dal cuore del suo popolo l’idolatria, per farlo docile
alla sua Parola. Ma loro andavano su questa strada per un po’ di tempo, e poi
tornavano indietro. E così per secoli e secoli, fino al momento in cui arrivò
Gesù.
E lo stesso è
successo con il Signore, con Gesù. Alcuni dicevano: “Costui è il Figlio di Dio,
è un grande Profeta!”; altri, quelli di cui parla oggi il Vangelo, dicevano:
“No, è uno stregone che guarisce con il potere di Satana”. Il popolo di Dio era
solo, e questa classe dirigente – i dottori della legge, i sadducei, i farisei
– era chiusa nelle sue idee, nella sua pastorale, nella sua ideologia. E questa
classe è quella che non ha ascoltato la Parola del Signore, e per giustificarsi
dice ciò che abbiamo sentito nel Vangelo: “Quest’uomo, Gesù, scaccia i
demoni con il potere di Beelzebul” (Mt 11,15). È lo stesso che dire: “È un
soldato di Beelzebul o di Satana o della cricca di Satana”, è lo stesso. Si
giustificano di non aver ascoltato la chiamata del Signore. Non potevano
sentirla : erano tanto, tanto chiusi, lontani dal popolo, e questo è vero.
Gesù guarda il popolo e si commuove, perché lo vede come “pecore senza
pastori”, così dice il Vangelo. E va dai poveri, va dagli ammalati, va da
tutti, dalle vedove, dai lebbrosi a guarirli. E parla loro con una parola tale
che provoca ammirazione nel popolo: “Ma questo parla come uno che ha
autorità!”, parla diversamente da questa classe dirigente che si era
allontanata dal popolo. Ed era soltanto con l’interesse nelle sue cose: nel suo
gruppo, nel suo partito, nelle sue lotte interne. E il popolo, là…
AVEVANO
abbandonato il gregge. E questa gente era peccatrice? Sì. Sì, tutti siamo
peccatori, tutti. Tutti noi che siamo qui siamo peccatori. Ma questi erano più
che peccatori : il cuore di questa gente, di questo gruppetto con il tempo
si era indurito tanto, tanto che era impossibile ascoltare la voce del Signore.
E da peccatori, sono scivolati, sono diventati corrotti. È tanto difficile che
un corrotto riesca a tornare indietro. Il peccatore sì, perché il
Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato
nelle sue cose, e questi erano corrotti. E per questo si giustificano, perché
Gesù, con la sua semplicità, ma con la sua forza di Dio, dava loro fastidio. E,
passo dopo passo, finiscono per convincersi che dovevano uccidere Gesù, e uno
di loro ha detto: “È meglio che un uomo muoia per il popolo”.
Questi hanno
sbagliato strada. Hanno fatto resistenza alla salvezza di amore del Signore e
così sono scivolati dalla fede, da una teologia di fede a una teologia del
dovere: “Dovete fare questo, questo, questo…”. E Gesù dice loro quell’aggettivo
tanto brutto: “Ipocriti! Tanti pesi opprimenti legate sulle spalle del popolo.
E voi? Nemmeno con un dito li toccate! Ipocriti!”. Hanno rifiutato
l’amore del Signore e questo rifiuto ha fatto sì che loro fossero su una
strada che non era quella della dialettica della libertà che offriva il
Signore, ma quella della logica della necessità, dove non c’è posto per il
Signore. Nella dialettica della libertà c’è il Signore buono, che ci ama, ci
ama tanto! Invece, nella logica della necessità non c’è posto per Dio: si
deve fare, si deve fare, si deve… Sono diventati comportamentali. Uomini di
buone maniere, ma di cattive abitudini. Gesù li chiama, loro, “sepolcri
imbiancati”.
Questo è il
dolore del Signore, il dolore di Dio, il lamento di Dio. “Venite, adoriamo il
Signore perché lui ci ama”. “Ritornate a me con tutto il cuore – ci dice –
perché sono misericordioso e pietoso”. Questi che si giustificano non capiscono
la misericordia né la pietà. Invece, quel popolo che tanto amava Gesù, aveva
bisogno di misericordia e pietà e andava a chiederla al Signore.
IN QUESTA STRADA della Quaresima ci farà bene, a tutti noi,
pensare a questo invito del Signore all’amore, a questa dialettica della
libertà dove c’è l’amore, e domandarci, tutti: Ma io sono su questa strada? O
ho il pericolo di giustificarmi e andare per un’altra strada? Una strada congiunturale,
perché non porta a nessuna promessa. E preghiamo il Signore che ci dia la
grazia di andare sempre per la strada della salvezza, di aprirci alla salvezza
che viene soltanto da Dio, dalla fede, non da quello che proponevano questi
“dottori del dovere”, che avevano perso la fede a reggevano il popolo con
questa teologia pastorale del dovere. Chiediamo noi questa grazia: Dammi,
Signore, la grazia di aprirmi alla tua salvezza. La Quaresima è per questo. Dio
ci ama tutti: ci ama tutti! Fare lo sforzo di aprirci: soltanto questo ci
chiede. “Aprimi la porta. Il resto lo faccio io”. Lasciamo che Lui entri in
noi, ci accarezzi e ci dia la salvezza. Così sia.”
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